VOLARE

Ero pronta a partire. Ho preso lo zaino con dentro due jeans, tre magliette, delle mutandine, qualche paio di calze… e un sacco di sogni.
Senza svegliare la mamma sono uscita di casa lasciandomi tutto dietro. Avevo voglia di volare con le mie ali. Respirare aria di libertà. Ho fermato il primo taxi che passava, ho chiesto all’autista di portarmi all’aeroporto. Una volta in auto ho messo la cintura di sicurezza: seduta comodamente, guardavo la città, che a quell’ora mi sembrava un luogo emozionante, o forse no. Quella sensazione era dentro di me. Sentivo il battito del mio cuore, pronto a volare insieme a me.
Rompendo il silenzio, l’autista ha detto qualcosa riferito alla temperatura.
“Troppo freddo, vero?”
“Si sta bene,” gli ho risposto.
Freddo o caldo per me era lo stesso. Avevo davanti a me un mondo da scoprire. Non vedevo l’ora di prendere l’aereo e iniziare la mia grande avventura. La mia grande sfida. Arrivata all’aeroporto, ho pagato la corsa. L’autista, volendo essere gentile, mi ha augurato buon viaggio, ed io gli ho risposto grazie con un grande sorriso.
In aeroporto ho scelto la prima postazione, ticket counter si chiama. L’ho sentito dire da una mia amica tempo fa. Quindi ho preso il passaporto, il portafoglio e mi sono messa in coda. Arrivato il mio turno, la ragazza gentilmente mi ha chiesto la destinazione. Ed io le ho risposto: “La prima in cui ci sia un posto per me.”
“È sicura?” mi ha chiesto lei, stupita.
“Certo,” le ho detto.
Così ha iniziato a cercare, infine ha trovato qualcosa: mi ha detto che c’era posto per…
Ho detto di sì senza pensarci due volte, con tanta emozione.
“Preferisce finestrino o corridoio?”
“Per me è lo stesso. Basta che l’aereo mi porti in quel bel posto.”
Mi è sembrata stupita per le mie risposte. Per me erano risposte del tutto normali.
Ho pagato l’importo, mi è sembrato normale anche quello. Comunque, i soldi non erano un problema. Mi ero preparata in anticipo per quel momento. Per cui, con il ticket in mano, mi sono diretta verso i controlli: metal detector, calzature, bagaglio, passaporto. Tutto regolare. Ho preso la scala mobile, mi sembrava tutto irreale.
Arrivata al piano di sopra, mi sono fermata davanti a una libreria, sono entrata e, dopo aver guardato gli scaffali con attenzione, ho scelto tre libri che mi avrebbero accompagnata nella mia grande avventura. Un volo senza destinazione prefissata.
Anche il resto del viaggio sarebbe stato così. Arrivata all’aeroporto, sarei di nuovo salita sul primo aereo in cui si trovasse un posto per me.

Mentre aspettavo l’imbarco, mi sono seduta nel primo posto libero che ho visto. Messo lo zaino al mio fianco, ho preso uno dei libri che avevo appena comprato. Mentre lo sfogliavo, mi è venuto in mente un giorno di qualche tempo fa, alla spiaggia, con i miei amici di sempre. Quanto mi ero divertita!
Era stato proprio in quel momento che avevo deciso di fare questo viaggio senza meta.
Volare, viaggiare, sorvolare il mondo ad altra quota, come l’aquila, il gabbiano, la civetta, sentire una sensazione di libertà pura. La sensazione di avere le ali e volare in assoluta libertà, senza paura, senza pensare nessuno, sradicata.
Ecco trovata la parola giusta, che si adatta perfettamente a me.

Mancano pochi minuti, lo sento. Ritiro il libro nella borsa a mano, mentre guardo con insistenza sul tabellone i voli pronti a partire.
Giusto in quel momento, sento la voce di mia madre: “Rebecca, Rebecca. Alzati che è tardi.” Apro gli occhi, faccio un grande sbadiglio, mi guardo intorno: la mamma con un bel sorriso mi sta portando una tazzina di caffè. Sono nel letto, in camera mia.
Mi siedo lentamente, fisso la mamma, prendo il caffè, lo bevo in un sorso, poso la tazzina sul comodino, prendo per mano la mamma che non capisce nulla. L’abbraccio stretta, poi mi alzo. Entro in bagno, mi guardo allo specchio. Eh già, era solo un sogno. Per questa volta…

Autore: Lesly Lanza
Data: 09 apr 2022