MIRE E MARY
Mire e Mary sono due gemelle, due facce della stessa medaglia ma molto diverse.
“Ma da dove sono uscite, dall’uovo di Pasqua?” ripeteva, fin da piccole, la loro mamma, spiazzata da una dissomiglianza talmente assoluta da finire con l’annullarsi per la legge che gli opposti si attraggono e si fondono.
La cosa si spiega con lo sfrenato amore che le gemelle condividono nei confronti degli animali.
Mire, per esempio, non passerebbe mai una Pasqua senza la cova delle uova, rigorosamente provenienti dal suo pollaio, dalle amate galline e dai galli che partecipano in qualche modo anche loro.
Mire tiene al caldo le uova nell’incubatrice, poi, quando arriva la schiusa, ricovera i deliziosi batuffolini in una scatola di cartone, ricoprendoli con una copertina fatta con le sue mani, lavorando la lana giallo pulcino all’uncinetto. Li ama talmente che coverebbe lei stessa le uova se non temesse di schiacciarle, a tale scopo ha persino seguito una dieta ferrea e frequentato un corso di yoga per imparare la levitazione, ma il maestro, visti i risultati, le ha sconsigliato la cosa, a meno che non volesse fare una frittata.
Ma il suo amore per la fauna si estende anche a un maialino, e cresce in maniera esponenziale con l’aumento del peso del roseo porcetto. In verità una falla c’è nel suo modo di sentire, perché nei confronti dei gatti, che peraltro nutre e disseta, ci tiene a mantenere un certo distacco, impedendo loro, senza titubanze, di entrare in casa, al punto che, quando si azzardano a farlo, sfruttando furbescamente la dimenticanza di una porta socchiusa, li caccia fuori a colpi di scopa, urlando loro: “Sciò, sciò! Qui non ci dovete entrare mangiapane a tradimento, siete solo capaci di mangiare i croccantini invece che i topi, con quelli ci giocate! Ma prima o poi vi metto a stecchetto!” e sorridendo malignamente aggiunge: “Siete fortunati a vivere in tempo di pace…” A questo punto, immancabilmente i gatti rizzano il pelo e le soffiano contro. In questi casi a Mire sorgono acute riflessioni: “Gli manca solo la parola, quasi come se capissero.”
Non sa che i gatti, sono consapevoli del fatto che, non proprio lontanissimo, una guerra c’è. Lo avevano sentito dire alla tele, che amano ascoltare stando nascosti sul balcone della cucina. Sono gatti informati sui fatti e di questo si compiacciono.
Ma ecco che arriva la Pasqua e bisogna fare festa: Mire trasferisce i teneri pulcini, ora più grandicelli, nel pollaio, dove ha provveduto a fare spazio tirando il collo a un paio di polli che cucinerà col pomodoro e allieteranno la tavola dopo aver gustato, tra gli antipasti, deliziose fette di prosciutto, lardo, soppressata e salamini sotto sugna, generosamente offerti dall’ex maialino. Mire ha un motto che ha ispirato la sua vita e segue fedelmente: “Mangia che un giorno sarai mangiata”.
Mary adora letteralmente gli animali, ma in un modo diverso dalla gemella. Li ama al punto che, se fosse stata costretta a scegliere, preferirebbe farsi mangiare da loro piuttosto che il contrario, magari solo qualche bocconcino, senza esagerare, a ben pensarci, al bisogno, può bastare anche qualche leccatina.
Mary alleva formiche nel prato, le nutre con briciole di pane, convinta che tutti gli esseri viventi devono avere diritto di cittadinanza, però, quando se le ritrova nello zucchero e ordinatamente in fila sui pensili della cucina avverte una strana sensazione alla quale si è imposta di non badare. Certo il suo sguardo cambia quando osserva dei grossi lumaconi senza chiocciola masticare la sua invitante insalatina, in quei momenti sente vacillare l’amore incondizionato, ma solo per un momento.
Anche per Mary arriva la Pasqua e intende allestire un pranzo festoso e inclusivo, quest’anno ha deciso di avere un ospite speciale a tavola. Apparecchiando con la migliore porcellana e cristalli non manca di posizionare una ciotola colma di latte di pecora e un vassoietto d’argento traboccante di insalatina, sopravvissuta ai lumaconi che osservano il digiuno prepasquale. Mary, essendo golosa non vede l’ora di coronare il giorno di festa mangiando la colomba, rigorosamente spiumata e ricoperta di glassa di zucchero e mandorle, ripiena di crema al pistacchio, sarà il piatto forte della giornata, simbolo insostituibile della Santa Pasqua.
Lei ama molto anche la frutta secca, e, qualche giorno prima era stata dura con i famigliari, perché dal cesto colmo di noci, posto sul tavolo della sua cucina, sparivano vertiginosamente i frutti. I componenti della famiglia negavano strenuamente e lei gli credette, così sospettò degli scoiattoli, ma considerando che non se ne vedevano dalle sue parti, i dubbi sugli altri occupanti della casa ritornarono a galla, non tanto per il fatto che diminuivano le noci ma per l’inganno che vi era sotto – almeno così preferiva credere-. L’atmosfera in casa si surriscaldava e tutte le sere Mary, che andava a dormire apposta per ultima, contava i frutti, finché, un fortunato mattino scoprì che a banchettare erano due gazze entrate in cucina come fosse casa loro. Mary ne fu talmente felice che nella sua mente si confermava l’idea che c’era posto per tutti, la sua casa poteva diventare una novella arca di Noè, a secco visto il clima sempre più siccitoso, ma sempre arca, dove c’era posto persino per quel branco di lupacchiotte affamate che erano le sue amiche e compagne di scrittura, guidate da Lucy berlica fujot, nome quanto mai appropriato.
Ad ogni modo è chiaro a tutti che Mary è più buona e sensibile di Mire, lo dimostra il fatto che mai, neppure per un momento, ha fissato l’agnellino come farebbe la gemella.