LETTERE DALL’INFERNO
Ho sempre mangiato carne e latticini e non ci ho mai pensato su due volte. Sono stata senza lavoro per più di due anni, ma finalmente ne ho trovato uno al macello. Non ho mai pensato a quello che sarebbe potuto accadere, ero contenta di non essere più disoccupata.
È durato un giorno. Non sono riuscita a rimanere. È stata la cosa più orribile che abbia mai visto in vita mia! Non c’era nulla di umano là dentro. Sono tornata a casa in lacrime. E l’odore della morte, posso ancora sentirlo sotto le narici.
Da allora non riesco a dormire una notte intera: quelle immagini sono dentro alla mia testa, non posso dimenticarle. È durato un giorno e non sarebbe mai potuto durare di più. La prima settimana dovevo solo guardare per imparare, ma non avevo idea di ciò che avrei visto nel macello.
Ho sempre pensato che gli animali non soffrissero nei mattatoi, ma che venissero prima storditi e poi uccisi all’istante. Non è così! Sono vivi e urlano.
C’era un grande prato pieno di mucche, accanto al macello: stavano mangiando l’erba e tutto sembrava normale. Ho sentito una fitta di tristezza nel sapere che la loro tranquillità sarebbe durata poco, mi sono avvicinata e ne ho accarezzata una. Da tempo non lo facevo, da quando i miei nonni avevano la loro fattoria.
Il peggio l’avrei visto all’interno della struttura. Per prima cosa mi hanno mostrato la stanza macelleria, sembrava il negozio di un macellaio. Tutto normale e non mi ha impressionato più di tanto. Poi mi è stata mostrata la camera d’imballaggio e ho incontrato gli altri dipendenti. Uno di loro mi ha detto: “Metti su questi, devi andare a vedere come si svolge il lavoro.” Mi ha dato degli stivali di gomma e un grembiule di plastica, poi siamo passati attraverso delle enormi porte: le mucche erano allineate vive, una dietro l’altra, e si lamentavano. Non era il solito “muu”, quello che fanno di solito, era chiaro che avevano paura. Alcune urinavano spesso, e lo facevano per la paura. Così, dopo aver attraversato più porte, mi è stato detto che non mi sarebbe piaciuto quello che avrei visto di lì a poco, ma così è la vita. “Parte del settore agricolo vive con le mucche, che sono state allevate per questo scopo” ha detto l’uomo che mi accompagnava. Secondo lui non avevano altro scopo per cui vivere.
Un uomo ha aperto un cancelletto, dietro al quale era tenuta una mucca e le ha bloccato la testa. Ha cominciato a lottare e mi sentivo male, ma cercavo di convincermi che facesse parte del destino, della vita. Questo era il suo scopo.
Qualcun altro, in quel momento, si è avvicinato con un attrezzo che sembrava una piccola asta, ma che serviva per lo stordimento. L’animale colpito è caduto immediatamente a terra e mi aspettavo che fosse morta. Proprio così. Ma non lo era. Tremava, e mi hanno detto che erano solo i nervi, la mucca era morta e il suo cervello non avrebbe sentito nulla. Ma, dopo circa un minuto, mentre legavano le sue gambe, ha cercato di alzarsi in piedi. È inciampata e ha cercato di nuovo di rialzarsi, ma è stata issata per le zampe posteriori. Ho chiesto se era morta e mi è stato detto che lo era. Ma i suoi occhi erano aperti, e per un momento hanno incontrato i miei. Poi è rimasta appesa per le zampe, in una zona di piastrelle tutte bianche, simile a un enorme box doccia con uno scarico nel pavimento. Un uomo mi ha detto: “Lei non potrà mai avere a che fare con questo lavoro se per aver visto questo è già turbata.” L’operaio si è avvicinato e, mentre la mucca stava ancora lottando, le ha tagliato la gola, mentre lei si dibatteva disperatamente per liberarsi. Ha gridato, ha sbattuto la testa di scatto, prima in avanti e poi indietro. Il sangue è schizzato, ha spruzzato tutto il muro, mentre altro sangue scendeva dal suo collo. Il suo muggito si è fatto sempre più debole, fino a quando la morte ha finalmente messo a tacere il suo dolore.
Non avevo mai visto tanto sangue. Che odore! Era un odore metallico, di morte.
La mucca era stata appena uccisa, in quella stanza ancora sanguinante, e già stava per arrivare il turno della successiva, che avrebbe subito lo stesso trattamento.
Di nuovo le stesse modalità: lotta, occhi aperti e muggito feroce. Anche in questo caso, hanno detto che erano solo i nervi. La mucca era morta di morte cerebrale, a causa dello stordimento. Ma io non ci credo.
Sono rimasta lì, a guardare sette vacche uccise, senza far nulla, ero come impietrita. Dopo la quarta, ho dovuto andare fuori e vomitare. Mi è stato detto di mettere un panno con del Vicks sotto il naso, per eliminare l’odore.
Ho pensato ai miei figli e che avevo bisogno di un lavoro, così sono tornata dentro e ho visto l’uccisione di altre tre mucche.
Poi sono tornata nel locale di passaggio, dove le mucche erano vive. Mi sono tolta stivali e grembiule e sono entrata nella stanza prima del macello, dove gli altri dipendenti hanno cercato di consolarmi, suggerendomi che era troppo presto per me assistere alla macellazione. Così ho atteso la fine del turno di lavoro in quella stanza. Quando ho finito il mio orario, ho detto loro che non sarei tornata e hanno capito.
Non ho mai sentito tanto dolore per un altro essere vivente, come quello che ho provato per quelle mucche. Ha avuto un effetto drammatico su di me, è un’esperienza che non dimenticherò mai più. Sto ancora piangendo stasera, mentre sto scrivendo questa lettera, e per un certo verso forse è un bene che io abbia visto.
La compassione è un sentimento di partecipazione alla sofferenza dell’altro; non si tratta di un sentimento di pena passeggero, ma di una partecipazione emotiva intima e molto difficile verso un dolore che non nasce da noi stessi, ma che percepiamo come nostro. Deve essere stata compassione, quella che ha provato Anita Krajnc, quando, durante l’estate del 2015, ha dato da bere ai maiali accaldati, che si trovavano su un camion diretto al macello. Per questa azione, la Krajnc è stata accusata di danneggiamento della proprietà privata e ha subito un processo, a Toronto, durato due anni, che ha avuto il suo epilogo soltanto qualche giorno fa, con l’assoluzione della donna per non aver commesso il fatto.
Anita Krajnc, attivista per i diritti degli animali e fondatrice di Toronto Pig Save, nell’estate 2015, mentre un camion a rimorchio che trasportava gli animali diretti al macello era fermo ad un incrocio, ha dato da bere ai maiali. L’autista si è accorto di quello che stava succedendo e, dopo essersi scontrato a parole con la donna, ha chiamato la polizia, sollevando due questioni: gli animali erano una sua proprietà privata e nessuno sapeva con certezza se il liquido che la signora avesse dato da bere ai maiali fosse acqua, e quindi avrebbe potuto compromettere il suo lavoro, consistente nel portare i maiali al macello per permettere la produzione di quel tipo di carne.
Proprio dal concetto di animale come proprietà privata, invece che come essere vivente, è partita l’accusa di danneggiamento, e la Krajnc ha subìto un processo durato ben due anni. Pochi giorni fa, finalmente, è arrivata la sentenza del giudice David Harris. Per legge in Canada i maiali non sono considerati esseri viventi come le persone, ma proprietà. Detto questo, la signora Krajnc non ha ostruito o interrotto il viaggio verso la destinazione finale degli animali, né ha interferito con l’uso, il godimento o il funzionamento legale delle proprietà dell’allevatore. Inoltre, non era la prima volta che gli animalisti davano acqua ai maiali in quel tratto. Il conducente del mezzo lo sapeva, la direzione del macello lo sapeva, e nonostante ciò non era mai stato rifiutato un carico di maiali. Per questo la signora Anita Krajnc è assolta, per non aver commesso il fatto.
Durante il processo, i testimoni a favore della Krajnc hanno posto l’accento sul benessere degli animali, che negli allevamenti intensivi subiscono traumi e torture, e sulla sostenibilità ambientale, poiché la produzione di carne è, a oggi, una delle maggiori cause di inquinamento atmosferico.
Queste le parole di Anita Krajnc, dopo aver appreso la sentenza: «Sono sollevata perché il giudice ha riconosciuto che la compassione non è un crimine, e che non dovrebbe mai essere illegale. Ma ha affermato che i maiali sotto la legge canadese sono considerati proprietà, non esseri viventi. Penso quindi che abbiamo molto da fare».
Un operaio francese ha voluto denunciare lui stesso gli orrori perpetrati all’interno della sua azienda, armandosi di una telecamera per testimoniare come gli animali vengono trattati e siano violate le norme del benessere animale: come già denunciato in precedenti casi, anche a Limoges, dove vengono uccisi oltre 1000 bovini e 1500 ovini a settimana, si verificano mancati stordimenti, per cui molti animali vengono uccisi coscienti, oppure obbligati a percorre delle rampe con scosse elettriche.
Scene di ordinaria follia che culminano con le immagini dell’uccisione di mucche gravide, i cui feti vengono tolti loro dalle viscere: cuccioli che stanno per nascere e muoiono per asfissia e feti appena formati. Una galleria degli orrori mai vista in precedenza.
“So che perderò il mio lavoro”, ha dichiarato Mauricio Garcia-Pereira, l’operaio di 47 anni che spiega di aver voluto di sua iniziativa svelare questa realtà ai francesi. “Gettiamo i vitellini in una spazzatura. A volte si muovono come se fossero vivi. Come si può ucciderli in questo modo? Uccidiamo molte mucche che sono sul punto di partorire”, ha detto l’operaio, stanco di partecipare a questo orrore.
Nel filmato si vedono i dipendenti squartare gli uteri delle mucche con un grosso coltello, dal quale esce il liquido amniotico che si espande su una lastra metallica e feti di varie dimensioni, molti vitelli già formati con il pelo addosso.
“È venuto da noi nel mese di maggio, dopo che ci siamo scambiati una serie di messaggi. Gli abbiamo chiesto se voleva testimoniare in anonimato, come nelle nostre altre inchieste, ma lui ha tenuto a mostrare il suo volto a tutti”, ha raccontato Brigitte Gothière, portavoce dell’associazione animalista, sottolineando che non si tratta dell’unica persona che dal macello ha inviato dei filmati.
Il noto quotidiano francese Le Monde ha riservato un ampio approfondimento sul tema e per il quale ha interpellato Rémy Viroulaud, vice sindaco di Limoges che si occupa del macello dove lavorano 85 persone. Il rappresentante si è rifiutato di rispondere alle domanda, sottolineando che “la macellazione delle mucche gravide è consentita e legale”.
Nessun divieto a livello europeo, tranne una regolamentazione che vieta il trasporto delle mucche gravide al 90% del periodo di gestazione. La stessa Organizzazione mondiale della Sanità, riporta Le Monde, sconsiglia il trasporto e l’uccisione delle mucche in prossimità del parto, ma non lo vieta. Da un punto di vista dei dati sul piano europeo, il 15% delle mucche abbattute sono all’ultimo stadio della gravidanza, pari a 1,76 milioni di esemplari.
I feti sono per lo più considerati come scarti e sono pertanto inceneriti, impiegati per la produzione del biogas o come fertilizzanti.
Sono figlia di contadini, i miei nonni e bisnonni lo erano. Abitavo da bambina in una casa con orto e vigna, in cui allevavamo per il nostro fabbisogno galline, conigli, oche. Ricordo che mio padre tramortiva i conigli con un colpo secco sulla nuca, e li uccideva all’istante. Così per galline e oche il trattamento, operato da una vicina di casa, era all’insegna della minima sofferenza.
Ai nostri giorni gli allevamenti intensivi degli animali sono diventati dei lager, dei luoghi in cui la morte è la benedizione per questi poveri animali.
Dirette televisive, in cui operatori camuffati entrano nel buio di stalle e porcilai per documentare la sofferenza animale, non possono lasciarci indifferenti.
Penso alle persone che lavorano in questi contesti: com’è possibile che l’animo umano possa considerare lecita la sofferenza inferta ad un altro essere vivente?
Gli animali hanno accompagnato l’uomo dalle sue origini. È bella l’immagine biblica del buon pastore che ama le sue pecore, pensa al loro benessere, va a cercarle se si smarriscono. Certo, il pastore dovrà uccidere gli animali del suo gregge per avere sostentamento, ma questi avranno avuto fino ad allora una vita dignitosa, e il pastore sarà deciso nel suo gesto e ridurrà al minimo la sofferenza.
Il fatto che gli allevamenti intensivi siano dannosi per l’ambiente e siano oggi corresponsabili nello sfruttamento del pianeta e delle sue risorse, ha indotto i ricercatori a cercare cibi che possano sostituirsi a quelli di origine animale.
Tifo per la bistecca in 3 D, al gusto di carne vera, al pollo procurato nello stesso modo e che sembrerà ruspante, al salame al gusto di maiale, che ci ricorderà l’animale che finalmente, con mucche, polli, conigli, vivrà i suoi giorni nei cosiddetti “santuari degli animali”.