IL MIO CAMMINO - III PARTE

  1.  IL TRIONFO DELL'ARRIVO

Questa notte non ho quasi dormito, complice forse la cena di ieri sera. Sveglia prestissimo, sono quasi le sei, decidiamo di partire subito per arrivare a Santiago il più presto possibile. Nel bosco è ancora buio, ma le torce ci aprono un varco; la rugiada della notte ricopre tutto, e un leggero strato di fango si crea su questo sterrato pieno di foglie.
Aggiriamo l'aeroporto di Lavacolla (Santiago). Sulle colline circostanti, strade nuove tutto intorno: la Galizia ha sviluppato una nuova serie di autostrade senza pedaggio che portano a La Coruna, a Vigo, e tutte le città medio piccole che portano a Santiago. Non troviamo bar per almeno due ore di cammino, sta facendo giorno. Ho con me una banana e noci, che consumo procedendo a passo lento.
Don Bortolo questa mattina è molto teso, sente avvicinarsi il traguardo, benché sia la quarta volta che arriva a Santiago. A un certo punto un fruscio di pale eoliche spezza il silenzio, mentre una tiepida luce comincia ad illuminare le colline circostanti: effettivamente il vento quassù è impetuoso, bisogna tenere la giacca a vento abbottonata fino al collo, ci saranno al massimo dieci gradi.
Tappa breve, circa venti km. Totali. Poco dopo le dieci, arriviamo finalmente al Monte de Gozo, luogo storico per il cammino; entriamo nell'unico bar per un cafè con leche, chiediamo il timbro, (qui è importantissimo). La proprietaria dice che ha finito l'inchiostro, effettivamente il timbro si vede ben poco! Bortolo, rosso come un peperone, inveisce: "Possibile, questo è l'unico bar!" La signora dice che ai piedi della collina, terminato il piccolo borgo De Gozo, c'è una struttura di accoglienza per pellegrini: ci suggerisce di tentare lì.
Bortolo ed io usciamo contrariati, mentre la Silvana non ne fa un dramma
Arrivati dopo qualche centinaio di metri sul belvedere, Don Bortolo questa volta … si incazza davvero! "Non c'è più il monumento!" Effettivamente, dove era stata posta una statua per commemorare la visita di papa Giovanni Paolo II, il 19 agosto 1989, in occasione della giornata mondiale della gioventù, lo spiazzo è vuoto. Bortolo non si dà pace. "Perché, perché? Io l'ho vista nel 2017!" 
Abbiamo poi saputo che la giunta de Galizia ha deciso di smontarla, non si sa dove si trovi adesso. Bortolo mi parla di quello straordinario evento: in tre giorni, dal 19 al 21 agosto, qui ci furono seicento mila giovani ad applaudire il papa.
Ci spostiamo dall’altro lato della collina per arrivare in un luogo simbolico: due statue di bronzo raffigurano i pellegrini che indicano Santiago: Di qui, infatti, si scorgono i tetti e le tre guglie della cattedrale. Santiago è a 4 km. Mancano 800 metri all'arrivo.
Marciando con passo veloce, in meno di un'ora siamo ai piedi di questa caotica città. Come in tutta la Spagna, anche Santiago non si sottrae al traffico di automobili e bus: la salita che porta nel centro antico è in rifacimento, ovunque si vedono lavori di ammodernamento della viabilità.
Incomincio a sentire l'emozione del momento: sembra di essere già lì, ma non si arriva mai… ma poi Silvana mi viene vicino: "Dai, Corrado, siamo arrivati!" Le porgo il mio telefono pregandola di girare un video, mentre entriamo in piazza Do Obradoiro al suono delle cornamuse. Tengo a due mani il bastone alto sulla testa, in segno di vittoria, e quando sono al centro della piazza, rivolto alla cattedrale, prorompo in un urlo: "Vilmaaaaaaa! Ce l'ho fatta!"
Bortolo piange dalla felicità, Silvana mi abbraccia. Io non smetto di guardare verso l'alto, le guglie della cattedrale che si stagliano maestose nel cielo. Sono arrivato, alla faccia dei detrattori che cercavano di farmi desistere. "Non ce la fai! Sei vecchio…" Oggi mi sento un ragazzo di sessanta quattro anni, con lo spirito di un trentenne: ho raggiunto ciò che mi ero ripromesso nel Natale del 2020, quando con Vilma siamo usciti da un incubo. Il Cammino non è stato un sacrificio, o forse sì, ma arrivare a Santiago mi ha dato la forza e la fiducia che forse, prima di partire, non avevo.
È mezzogiorno, nella piazza de Obradorio stanno suonando le campane; siamo sdraiati accanto ai pilastri della casa del Giunta,  c'è gente che si abbraccia, ogni gruppo si mette in posa per la foto ricordo. La mia felicità va oltre ogni aspettativa, continuo a urlare a squarciagola… Mia moglie, al telefono, mi dice: "Stai calmo!" Come faccio a stare calmo, quando ho subito la distorsione alla caviglia, ho pianto, per la paura, per il dolore, per mancanza di fiducia, adesso urlo di gioia?
Bortolo mi avverte che ci sono amici in arrivo: vedo Giuseppe che annuncia: "Amaranta arriverà fra poco!" A un tratto mi sento stringere alle spalle: sono Gabriel, Klaus, e Francesco, insieme ad una ragazza bionda. Qualcuno grida: "Una cerveza por favor!" Chiamo Gabriel per una foto di gruppo: Don Bortolo si è rasserenato, i giovani amici rivisti su questa piazza hanno portato un clima di euforia. C'è un chiasso enorme, la Guardia Civil, ogni tanto, riprende senza infierire i più scalmanati. Questo, per i pellegrini, è un luogo sacro! Dopo aver scaricato l'adrenalina, andiamo a ritirare "La Compostela", documento ufficiale dell'avvenuto cammino, inoltrandoci per una stradina laterale. Fatti cento metri, ecco una coda interminabile: dopo quasi un ora è il nostro turno. Bortolo è davanti a me, quando arriva allo sportello, vedo che si agita notevolmente, a causa del rifiuto, da parte dell'impiegato, di consegnargli la Compostela a nome di Angela. Assolutamente non rilasciano documenti a nome di persone defunte!
Questa giornata per Bortolo, è cominciata male, ma a questo punto comprendo la sua tristezza: se avesse barato, e magari avesse dichiarato che la moglie era in albergo con un problema… Però questa è la regola.
Terminiamo la giornata in giro con amici e vari personaggi incontrati sul cammino; dormiremo all'albergue Seminario Menor,  in camera  singola con servizi privati. Passeremo qui due giorni, prima di compiere un altro cammino verso l'oceano: Muxia e poi Finisterra  ci aspettano!

  1. ENTUSIASMO

Finalmente vivo con entusiasmo l'impresa appena compiuta: mi ha reso consapevole della mia forza interiore. Adesso mi sento forte, soprattutto dopo aver scacciato i fantasmi della paura prima della partenza per Saint Jean pie de Port. Non l'avevo mai confessato a nessuno, ma avevo dei dubbi; le incertezze erano legate al fatto che, partendo da solo, avrei potuto avere delle difficoltà.
Oggi ci godiamo la città di Santiago, e domani mattina partiremo alla conquista di Muxia, a 92 km da qui. Ci arriveremo in tre tappe: oramai non consulto neanche la guida con le indicazioni giornaliere. Le tappe mi sembrano tutte uguali, facile, media, impegnativa, ma alla fine si sale e si scende su percorsi compiuti ogni anno da migliaia di persone, ognuno con il suo scopo, la propria chiamata.
Ancora non capisco quando è veramente scattata la molla, quella molla che mi ha catapultato in un’esperienza spirituale, fisica, che permette di conoscere i propri limiti.
Ora mi rendo conto che posso ancora dare molto: in futuro mi ripropongo di fare altri cammini, magari nella nostra meravigliosa Italia, che nulla avrà mai meno di nessun luogo al mondo.
Silvana ci comunica che non verrà con noi a Muxia, Bortolo è deluso, sperava che il nostro trio sarebbe rimasto coeso fino al ritorno, ma Silvana fra tre giorni volerà a Ginevra, mentre noi partiremo fra una settimana.
Andiamo in giro per negozi: a Santiago in ogni angolo c'è un "Tienda", un negozio di souvenir. Bortolo ci chiede se siamo d’accordo a comprare un ricordo uguale da portare con noi a casa; alla fine decidiamo per un rosario di legno, con la croce dei templari. Sbirciando le vetrine, trovo ispirazione per un regalo da portare a mia moglie: un paio di piccolissimi orecchini d'argento a forma di conchiglia. Meravigliosi.
L'entusiasmo forse lo vivo solo io, Silvana è già stata a Santiago per un altro cammino, e Don Bortolo che oggi sembra più… Don Brontolo! È ancora imbronciato per la Compostela di Angela.
Andiamo in cattedrale per la messa delle dieci: ci sarà la benedizione dei pellegrini e degli oggetti del cammino. Riconosco molti visi di persone incontrate sulla strada comune, persone che hanno condiviso momenti di gioia e di dolore. Ora sono tutti rivolti verso il Butafumeiro, il gigantesco turibolo della cattedrale: quando viene acceso, dopo la funzione, un forte profumo di incenso ci travolge. Si narra che questa tradizione, in tempi antichi, servisse per contrastare l'igiene scarsa dei pellegrini.
Grosse funi, issate da cinque persone, fanno dapprima innalzare il turibolo, che poi viene lanciato a sorvolare la gente per tutta la lunghezza della navata centrale: uno spettacolo da brividi, che incanta. Rimango in silenzio per tutta la durata dell'altalenante svolgimento del sorvolo del Butafumeiro.
Ma ecco che, terminata la messa, arriva il momento di più alta spiritualità di questo nostro viaggio: scendiamo nella cripta, dov’è custodito il sarcofago d'argento con i resti dell'Apostolo Giacomo. Una inferriata ci divide da esso, ma non impedisce a Bortolo di realizzare uno dei suoi desideri. Getta sul freddo marmo del piedistallo dov’è posto il sarcofago una fotografia di sua moglie; subito dopo si ritrae in preghiera, mettendosi in ginocchio.
L'emozione è fortissima; in preghiera possiamo restare pochi minuti, perché file interminabili di pellegrini attendono il loro turno. Prima di uscire dalla cattedrale, ammiriamo i suoi preziosi ornamenti, ma poi prevale un altro tipo di entusiasmo. Io propongo di andare a pranzo a "Casa Manolo" in Plaza de Cervantes, a poche centinaia di metri. Il passaparola tra i pellegrini, ha fatto sì che questo ristorante,  luogo di culto della cucina Galliega, sia diventato una meta tradizionale a fine cammino.
Manolo apre all’una, noi siamo in fila venti minuti prima, ma più di una ventina di  persone ci precedono. Un cameriere annota l'ordine di precedenza e da quante persone sono composti i gruppi. Finalmente è il nostro turno: locale climatizzato, moderno, pulito, con una fornita squadra di camerieri di ogni nazionalità, molto veloci e preparati. Il menù del giorno a undici euro prevede le solite due portate principali e dolce. Con una aggiunta di euro cinque per un'ottima bottiglia di "Crianza".
I miei compagni mi chiedono di ordinare per tutti: "Conosci bene lo Spagnolo, spiegaci solo cosa mangiamo!" Contento per la fiducia nei miei confronti, da parte di Silvana e Bortolo, ordino Fideuà a la marinera,  e frittura de marisco. Si tratta di spaghetti tagliati ai frutti di mare, con un fondo di brodo di vongole, cozze, cannolicchi, gamberoni, e polpo. E poi una frittura mista di pescado del dia, c'è tutto quello che si può immaginare! Pr finire, la torta Santiago, un po' simile alla nostra torta paradiso, morbidissima e con lo zucchero a velo, su cui risalta la croce templare. Per il vino ho dovuto esigere: "De ambiente, por favor" Gli spagnoli usano proporti bottiglie tenute in frigorifero, ma l'ottimo Crianza va bevuto a quindici gradi! Porzioni più che abbondanti.
Anche questa volta, paghiamo trentotto euro totali, per un pranzo entusiasmante!
È bello fare i pellegrini da turisti! Abbiamo tutto il giorno per decidere cosa fare. Silvana ribadisce che domani ci accompagnerà per un'ora sul cammino, fino ad arrivare sulla collina di fronte a Santiago. Don Bortolo non ha ancora accettato che qui le nostre strade si divideranno.

  1. NEGREIRA

L’indomani abbiamo appuntamento con Silvana in plaza Cervantes, accanto a Casa Manolo: lei ha trovato un albergo privato qui vicino, mentre noi siamo al Seminario Menor, sulla collina che domina il barrio antico.
Ci rimettiamo in cammino, anche se d'ora in poi sarà solo una passeggiata. Silvana questa mattina ci saluterà: se pur per breve tempo, è stata una grande amica. Ha condiviso con noi attimi di grande emozione, sostenendoci nei momenti critici. Per Bortolo è stata anche qualcosa di più. 
Una stretta via laterale, in discesa, ci conduce a un parco che lascia alle spalle il centro antico.  Come sempre ci inoltriamo in un boschetto, dove comincia la salita: in una mezzora arriviamo in cima ad una collinetta che guarda Santiago. Da questo
belvedere, scorgiamo la cattedrale con il sole alle spalle.
È il momento dei saluti: io abbraccio Silvana, che mi stringe forte. "Corrado, grazie." Bortolo le dice solo "Ciao", con una certa freddezza. Lei lo guarda, ma lui si gira e s’incammina.
Silvana, secondo me, non lo meritava… Quando restiamo soli, rimprovero Bortolo, dicendogli: "Ti sei comportato come un bambino capriccioso!" Camminiamo in silenzio, dopo un'ora lui comincia ad esprimere i suoi pensieri. "Speravo che ci seguisse! Con lei volevo un rapporto diverso…"
"Guardati bene dentro”, gli rispondo. “Non puoi pretendere che il mondo vada sempre come vorresti. Sei uno che aiuta tutti, ma adesso è venuto il momento di aiutare te stesso… e devi farlo da solo."
Per oltre un ora, camminiamo nei boschi freschi, ombrosi, profumati; poi affrontiamo alcuni chilometri su strada asfaltata, senza incontrare paesi dove fare sosta.
Bortolo continua a essere di malumore: il suo lato oscuro, legato alla perdita dalla moglie, lo rende scontroso, persino acido quando borbotta: "Chi me lo ha fatto fare!"
Lascio che prenda un piccolo vantaggio, ora siamo separati da circa cento metri di distanza, il silenzio mi fa compagnia, e ritrovo il gusto del cammino, fino a quando il percorso su asfalto si rende insidioso. Guardo la mappa, ci sono più di tre chilometri di ripida salita, la tappa si fa dura.
Dopo undici chilometri incontriamo una fonte, ma l'acqua non c'è! Siamo sull’Alto Mar de Oveillas, il prossimo pueblo è ancora lontano. Il saliscendi questa mattina, dopo un giorno di riposo, non dà tregua, ma a fatica giungiamo a Ponte Maceira Nova. Finalmente un bar, è quasi mezzogiorno e propongo a Bortolo di mangiare qualcosa. " Io solo una cerveza," risponde lui. Ok, faccio preparare due Tanche da mezzo litro, e chiedo se è possibile avere un "Boccadillo" con chorizo, queso de cabra, y tomate. L'oste mi prepara uno sfilatino di circa sessanta centimetri, diviso in due e ripieno oltremisura.
Siamo seduti all'esterno del bar con altri pellegrini, Bortolo dice di non avere fame, ma quando gli offro metà del mio panino, non può far a meno di accettare, dapprima titubante, poi vorace come un avvoltoio. Da quel momento si è calmato, offrendomi una birra.
"Hai ragione, ammette, devo cambiare!"
Quando gli dico che ho pagato tre euro e cinquanta, per sessanta centimetri di bontà, lui risponde: "Dovremmo venire a vivere qui, non si spende nulla!"
Riprendiamo il cammino, mancano quattro chilometri a Negreira; meno male la strada è ombreggiata da alberi di eucalipto, alti circa trenta metri, che donano un po' di frescura. In un’ora arriviamo al cartello di Negreira.  "Al primo albergue, ci fermiamo", affermo. Effettivamente, sulla destra, compare l’albergue "Alecrin": c'è poca gente, con dieci euro ci assicuriamo ogni servizio.
All'interno, con gran sorpresa, incontriamo Amaranta, sola. "Che piacere rivedervi!" esclama.
Le vado incontro: "Anche tu vai a Muxia?" Lei risponde che prima andrà a Finisterre, poi proseguirà verso Muxia: praticamente staremo insieme fino al bivio di Olveiroa, dove le strade per le due località si dividono.
Bortolo dà segni di stanchezza, e ci chiede se andiamo insieme ad Amaranta al supermarket: "Ok, dice lei, così compriamo vino e qualcosa da mangiare."
La piccola cittadina non offre molto, ma troviamo due negozi per comprare pane, vino e  il resto; nell'albergue c'è una piccola saletta refettorio, con annessa cucina che non si può usare, ma il microonde ci salva dal mangiare i piatti freddi. La panada che ha comprato Amaranta è piena di carne di pollo e verdure. Bortolo mangia poco, ma beve molto: come sempre tiriamo avanti tra risate ed aneddoti, fino alle ventidue, quando si spengono le luci e tutto tace.

  1. ANETTE, la Cubana

Questa mattina la pioggia ci è compagna: molti pellegrini sulla strada, zaini in spalla, con coperture plastificate di mille colori. Appena entriamo nel bosco, si scorgono variopinti gruppetti di temerari, che si dirigono verso l’Atlantico.
La giornata uggiosa non fa sudare, e meno male che dobbiamo affrontare poco più di sessanta chilometri in due tappe! Vedremo il da farsi, in base a come volgerà il tempo.
Amaranta si è svegliata prima di noi, altri pellegrini ci dicono che questa mattina è uscita alle sei: vista la lunghezza del cammino vorrà portarsi avanti.  Bortolo, anche oggi, "brontola": continua a patire il distacco dal gruppo da parte di Silvana. Cerco di tirarlo su di morale: "Dai, fratello… dobbiamo fare trenta chilometri”. Lui resta silenzioso; la pioggia nel frattempo sta calando d'intensità, siamo da un pezzo fuori da Negreira, e non c'è neanche l'ombra di un paese.
Finalmente incontriamo un piccolissimo borgo, A Pena, costituito da tre case, una fonte, ed una cascina che funziona come albergue. È un rifugio rurale, però ne approfittiamo per una colazione, cafè con leche, e tostada.  Sta schiarendo e un pallido sole ci spinge ad andare avanti: colline, avvallamenti, altopiani, boschi, campi coltivati, qui la Galizia si mostra in tutta la sua bellezza. Camminiamo custoditi dal silenzio: in questo lembo di territorio dirupato e quasi disabitato, la vista cambia in continuazione, gli "Horreos" sono centinaia, e da millenni custodiscono i raccolti di cereali.
Continuiamo tra questi paesaggi per cinque ore, poi camminiamo su asfalto, e sta per piovere ancora. Bortolo propone di andare avanti, spera di arrivare al bivio di Finisterra Muxia. Nel pomeriggio giungiamo bagnati in una piccola frazione, cinque case, un bar, una panetteria, ed un albergue con ristorante. Abbiamo passato il bivio, quindi se c'è disponibilità ci fermiamo. "La cama diez  euros, la comida tambien,” dice la signora.  Chiedo se ci sono altri pellegrini, e Jeanette, così si chiama la signora di origini cubane, dice che siamo gli unici. Credo che la massa di pellegrini si sia fermata al bivio di Oliveiroa, adesso la pioggia si fa impetuosa, prendiamo possesso della camerata con sedici letti, qui si che possiamo tenere le distanze… In molti ostelli non sempre è stato possibile!
La struttura della signora Jeanette è molto pulita: docce individuali, con sapone e shampoo, meno male, il più delle volte ci siamo lavati col sapone di Marsiglia portato da casa, per il bucato e per l'igiene, un solo pezzo per molti usi. Dopo otto ore di cammino stiamo riposando, la camerata si trova al piano terra al di sotto del livello stradale, passano molti camion diretti a Muxia, ma il posto è molto tranquillo.
Sono quasi le otto di sera, chiedo a Jeanette cosa c'è nel menù. "Ho lavorato in cucina in Italia, risponde lei (il suo italiano è buono), se volete vi faccio spaghetti alla bolognese, cotoletta alla milanese, e un postre." “Ok! Però il vino … de ambiente.” “Claro che sì, los italianos no lo gusta frio!"
Ci sediamo a tavola senza grosse aspettative, ma poco dopo si legge stupore sui nostri volti: Jeanette ci ha preparato spaghetti al dente, con un ragù esageratamente buono, innaffiati con ottimo vino della Rioja. Ma poi ci stupisce ancora con una fettina di tenerissimo vitello, di proporzioni enormi, con contorno di riso bianco, (spesso lo si trova nei piatti cubani), pomodori, cipolla, e insalata.
Bortolo contempla il piatto, continuando a ripetere: "Non ce la farò mai a finirlo."
Siamo sazi, quando Jeanette ci chiede: "Todo bien? Ahora ve pongo el postre!
"Se fossimo in Italia prenderei una grappa," dice Bortolo, e lei non se lo fa ripetere. "Ecco, tengo chopito digestivo!" Che meraviglia… in Italia con dieci euro in autogrill, neanche un panino con birretta!
La serata va avanti parlando con Jeanette e suo marito, uno spagnolo che ci tiene a spiegarci l'ospitalità del popolo di Galizia. "Noi siamo gente di grande passione, spesso emigriamo per lavoro, ma la nostra terra è la più bella di Spagna!"
Gli rispondo che sono innamorato della Galizia. “Dopo Santiago, per nulla al mondo mi sarei perso queste esperienze con gente come voi.”  "Noi viviamo con poco, aggiunge Jeanette, ma siamo felici ugualmente!"

  1. "LA GORRA" e MUXIA 

 Ormai manca poco, questa mattina il tempo è migliorato e splende il sole, al punto che già alle nove del mattino devo coprirmi con la gorra, termine spagnolo per indicare un cappello, o berretto. I boschi che attraversiamo, come sempre, sono  coperti dalla rugiada della notte; i pilastrini che incontriamo danno sempre meno km.  Spesso si esce dai boschi, con deviazioni messe apposta per entrare in piccoli paesini, altrimenti non visibili. A Crixa, preceduta da una piccola area di sosta con fontana, c'è un piccolo mercato settimanale, con contadini del posto che vendono i loro prodotti a km. Zero.  Ne approfitto per rifornirmi di un ottimo formaggio di capra, contenuto di grassi quasi insignificante, e zero colesterolo. Bortolo, attratto da un venditore di vini, prende due bottiglie, una ambrata, l'altra di Tinto de Galizia, per il modico prezzo di cinque euro per entrambe. In uno spazio laterale, una piccola folla di anziani gioca a carte, con immancabili boccali di cerveza. L'atmosfera è di festa, ma l'unico bar non ha neanche un posto per sederci, quindi decidiamo di proseguire verso Muxia.
Il panorama è costituito da spazi aperti, colture di mais, pascoli con mucche e qualche asino, ma a un tratto il silenzio è interrotto da spari di cacciatori, dirompenti colpi su grossi animali allo stato selvatico, Bortolo è un po' spaventato: "Mi fanno paura questi spari!"
Si continua il cammino in una quasi assoluta solitudine; incrociamo soltanto una coppia conosciuta a Negreira due giorni fa. "Buen camino". Siamo a metà mattinata, sento il profumo del mare in lontananza, le pale eoliche sulle colline indicano la forza del vento che proviene dall'oceano.
Mi levo la gorra perché sono sudato, e arrivando su un colle lo intravedo per la prima volta. Bortolo si ferma accanto ame. "Dopo più di quattro settimane, finalmente il mare!"
A Muxia manca forse un’ora, il nostro passo si fa veloce: stiamo scendendo verso un lembo della costa della morte, il cielo è nitidissimo, riusciamo a vedere la spiaggia di Camarinas, una città che vive di pesca, mentre a Muxia i pellegrini vanno per gettare in mare tutti i loro pesi e le loro sofferenze.
Bortolo mi spiega qual è il vero scopo della nostra venuta qui.
"Mi sono ripromesso di gettare in mare alcune reliquie di Angela." 
Qui c'è un’antica tradizione: i pellegrini usavano un tempo disfarsi di indumenti o di cose non più utili, dopo il cammino. Vi era un luogo apposito a questo scopo, dove si potevano bruciare indumenti malconci, scarpe, abiti, mantelli, bastoni. Da oltre vent'anni non è più concesso, ma nessuno negherà mai che i resti di un defunto vengano affidati alle acque, a volte impetuose, del mare.
Siamo giunti a Muxia. Appena entriamo in città da una strada secondaria che scende verso il centro, incontriamo l'albergue @Muxia… è privato, il municipale non aveva disponibilità. L'oste (Josè Maria) appena entriamo ci accoglie con due birre. Ottimo inizio!  È una sistemazione che Bortolo conosceva.  Troviamo ambienti puliti e spazi grandi, i letti sono separati da tende che danno intimità, e con dodici euro abbiamo anche il permesso di cucinare! Così facciamo la conoscenza di alcuni volontari, che prestano la loro opera in cambio di un posto letto: prima incontriamo Ingrid, una tedesca sui trent'anni, grande viaggiatrice. Con un vecchio furgone Wolksvaghen gira per tutta l'Europa; qui ha trovato un posto letto in cambio di lavori di lavanderia: Josè Maria l’ha nominata responsabile della lavadora y seccadora.  Poi c'è Jao Liù, una ragazza di Taiwan, se la chiamano cinese si arrabbia: lei è addetta alla pulizia pavimenti e al riciclo delle lenzuola di carta.  L'ultima conoscenza è Giorgio, un pensionato di Bolzano: lui trascorre qui almeno tre mesi l'anno, dietro accordo di euro centocinquanta, ha ottenuto da Josè M. un letto, l’uso di docce e servizi e un frigorifero personale. Ci dice di essere un cuoco "passionale" e propone a questi due pellegrini italiani, se lo vogliono, di cucinare una carbonara.
"Magari!" gli rispondo io. "Allora preparati, andiamo a fare la spesa!"
Bortolo di colpo cambia umore. "Ma dove siamo capitati? Troppa grazia Sant'Antonio! Aspettatemi, vengo anch'io!"
Non potevamo cadere meglio. Avendo a disposizione ancora cinque giorni prima di imbarcarci per il ritorno in Italia, chiedo a Josè Maria se sarebbe possibile fermarci due giorni. “Finché volete, mi risponde, los Italianos soy  bienvenidos!
Dopo il supermarket, Giorgio dà sfoggiò delle sue capacità in cucina: mi dice che stasera non vuole aiuto, ma domani mi sarà data l'occasione di aiutarlo a fare la paella. Ci prepara anche l'aperitivo in attesa della carbonara!
Dopo un pranzo abbondante, per digerire percorriamo un paio di km. e facciamo un doveroso omaggio al santuario di Nostra Senora da barca, posta sulle rocce che impetuosamente l'oceano scolpisce. Bortolo mi chiede di fare delle foto, mentre lui si prepara a gettare in mare una ciocca di capelli e altri piccoli oggetti della moglie. Il momento è toccante, rivedo le immagini del film con Martin Sheen, quando ha sparso le ceneri del figlio morto sul cammino.
Io rivolgo i miei pensieri a chi è a casa ad aspettarmi, due foto scattate da Bortolo mi colgono mentre sto piangendo. Certo, sono stato più fortunato di lui!

  1. LE FRIULANE a Muxia

È il 27 settembre, mi sento sereno e riposato. Questa mattina con Giorgio faremo spesa al mercatino del pesce al porto. Muxia si presenta in tutto il suo splendore: qui le attività commerciali aprono alle dieci del mattino, ne approfittiamo per un caffè e per scambiare due parole in relax. Giorgio mi racconta che ha avuto un'attività sua, gestiva un appezzamento in Trentino, dove coltivava piccoli frutti, more, lamponi, mirtilli, fragoline, molto apprezzati dai confinanti Austriaci e Tedeschi. Come lavoratore autonomo, ora si ritrova con una piccola pensione (meno di mille euro al mese) e allora ha cercato qui in Galizia una vita meno costosa. " Su dove abito, d'inverno, se non avessi un pezzo di bosco, non potrei neanche permettermi di riscaldare la casa." Quindi trascorre i mesi da settembre a febbraio qui a Muxia, presso Josè, e poi torna in Italia per lavorare i suoi terreni, infatti continua a fornire i suoi vecchi clienti con prodotti biologici.
Ecco le bancarelle del pescato del giorno.  Giorgio, già esperto, si rivolge a persone di fiducia, sceglie cozze, vongole, calamari, cannolicchi, tutto in misura abbondante, ma io vedo dei polpi enormi. "Quanto es la cuenta por esto pulpo?" " 15euros!" Ok, lo prendo, il polpo pesa più di due kg. Giorgio mi dice che non ci va nella paella. "Non ti preoccupare, te lo preparo a parte!" “Va bene, risponde. Adesso andiamo a prendere pollo e coniglio!"
"Giorgio, jà sta pronto!" esclama il suo macellaio di fiducia appena entriamo in negozio.
Quando torniamo in albergue, c'è aria di festa: a pranzo saremo in otto, forse nove!
Nel seminterrato c'è una grande cucina: prima di essere trasformato in albergue, questo locale era discoteca, piano bar, e ristorante. Lasciamo gli amici di sopra e scendiamo a cucinare, c'è tutto ciò che serve! Giorgio detta la procedura: dopo quasi un mese via da casa, non mi sembra vero di tornare ai fornelli! Io amo preparare piatti a base di pesce, in compagnia di amici e amiche. Dopo circa due ore, ci ritroviamo con gli altri per l’aperitivo: la tavolata è ben fornita di tutto l'indispensabile. Naturalmente Bortolo e Josè Maria hanno pensato al vino bianco dell'Estremadura, freschissimo: ne abbiamo cinque bottiglie e siamo in otto, quattro uomini e quattro donne. Il vociare termina immediatamente quando, portiamo in tavola la tipica paelliera, dove si prepara questo piatto tradizionale: pur servendoci tutti varie volte, alla fine rimane circa metà di ciò che abbiamo preparato. "Giorgio, quando mangiamo quello che è rimasto?" Lui sorride… "Stasera si replica!"
Verso il tardo pomeriggio arrivano due pellegrine italiane, e Bortolo subito: "Da dove venite?"  “Friuli,” risponde Beatrice.
"E la tua amica?" “Idem”, risponde Mara. Josè Maria dice loro che stasera mangeranno paella. Le due italiane, felici dell’accoglienza, scambiano con noi i ricordi di questi giorni di cammino. "Come siamo state bene da Jeanette!" esclama Beatrice. "Anche voi?" Così scopriamo che, il giorno dopo la nostra partenza, le friulane hanno scoperto l'ospitalità della Cubana. Mara conferma: "Siamo state benissimo, eravamo sole in camerata." E Beatrice: "Abbiamo mangiato benissimo, anche troppo!"
Bortolo ed io, con le Friulane, andiamo al santuario della Vergine della barca, per assistere alla messa con la benedizione dei pellegrini. Quindi non possiamo fare ameno di fermarci un po' di tempo per assistere a un tramonto di forti e calde colorazioni, che vanno dal giallo all’arancio, al rosso, riflesse su un calmo mare, esteso fino alle coste delle Americhe. La scogliera di Muxia è il nostro teatro, dove in silenzio viviamo momenti di emozione.
Facciamo rientro in albergue, dove ci attendono nuovi amici, con cui faremo una cena comunitaria, a base di paella e polpo. È la nostra ultima serata qui: Josè Maria e Giorgio, prima che andiamo a dormire, insistono che assaggiamo alcuni liquori di erbe del posto. Qui non abbiamo orari di ritirata, l'albergue privato di Josè Maria è come una seconda casa. Il liquore d'erbe Galiziane è stato un ottimo rilassante per una notte da sogno. 

  1. FINISTERRE!  

Mancano pochi km. alla fine di questo mio viaggio. Per Finisterre ce ne sono poco più di trenta, ma se vogliamo scoprire le meraviglie della costa da Morte, ci spiega Giorgio, dovremmo fare il cammino dei fari. Si allunga un po', però si camminerà in solitaria su costoni a picco sul mare, baciati dalla brezza marina, io ne sono entusiasta! L'unico problema è che incontreremo pochi servizi, e la prima fontana è a più di dieci km. Bortolo infine si decide: "Va bene! Non l'ho mai fatto questo cammino!"  Josè Maria ci dà due birre e due bottiglie di acqua. "Adios amigos!"
Ci separiamo con un abbraccio da questo oste meraviglioso, che con un'accoglienza familiare ci ha fatti sentire a casa. Beatrice e Mara partiranno domani, anche loro dirette a Finisterre: forse c’incontreremo ancora.
Usciamo dall'albergue con la convinzione che qui abbiamo veramente trovato lo spirito del cammino. Molte cose vi hanno contribuito: l'ospitalità, la cucina comunitaria, le bevute, a volte cantando famose canzoni italiane, la fratellanza che non guarda la provenienza, la lingua, che è quasi sempre un misto di spagnolo, italiano, inglese, senza barriere mentali, sapendo di aver trovato in ogni persona incontrata, qualcosa che a noi mancava, il cammino ce lo ha insegnato.
Io mi sento molto “gasato”, provo l'euforia di incontrare ancora qualcosa di nuovo, il tramonto di Muxia mi ha riempito il cuore di un'emozione grande, ma chissà cosa mi aspetta a Finisterre! Bortolo è silenzioso, avvolto nei suoi pensieri, e nel dolore dei suoi piedi… Anche oggi ha problemi ad avere una andatura sciolta. "Sono quasi quaranta giorni che cammino", mi dice.  Effettivamente è partito il 20 agosto dai Pirenei, ma si è fermato a Burgos, perché voleva visitare la Sierra di Atapuerca, e il sito paleontologico che dista circa due km. dal cammino. Adesso probabilmente è stanco, allungare la tappa, forse, non è stata una buona idea.
Camminando, ben presto incontriamo i sentieri rocciosi della costa, nei pressi di capo Tourinan: l'ultimo comune della Galizia è un piccolo promontorio incuneato nell'Oceano.
Il vento ci è compagno, ma il cielo sereno è di una suggestione unica. Camminiamo ammirando panorami incredibili; poco dopo c'è un faro, ora è stato elettrificato, ma in precedenza lo gestiva un guardiano, offrendo anche un bivacco per i viandanti solitari.
Dopo una decina di km., incontriamo una enorme spiaggia, qui ci sono delle baracche dove  si affittano i windsurf; oltre la spiaggia, c’è anche un albergue, ma i surfisti, che arrivano soprattutto dal nord Europa, sono quasi tutti camperisti: posteggiano i loro mezzi sulle dune di sabbia finissima, essendoci docce e servizi igienici, questo luogo è l'ideale per loro!
Le onde altissime, seppure in una giornata di calma, ci fanno comprendere quanto sia impetuoso l'oceano Atlantico. Dopo una lunga discesa, incontriamo gli ormai celebri saliscendi Galiziani, nell'ordine Baosilveiro, A Canosa, Padris, spiaggia bellissima, poi ritroviamo la collina a Buxan, fino ad arrivare a Mar de Fora. Continuiamo fino al faro di Finisterra, dove, dopo foto di rito, ci proponiamo di tornare ad ammirare il tramonto.
A Finisterra, troviamo posto in un albergue privato, Mar de Fora, in ottima posizione a trecento metri dal centro, con il porto e tutti i ristoranti. La spiaggia è larghissima, costellata da alcune tende con giovani che bivaccano. Nell'albergue c'è Amaranta! Naturalmente, baci ed abbracci, poi ci dice di metterci comodi: l'oste sta preparando un pranzo comunitario, aiutato da alcuni volontari. Sono circa le tre del pomeriggio, quando ci chiamano per mangiare. Nel cortile soleggiato, sotto alcuni ombrelloni, c’è una tavolata imbandita: siamo più di una decina di persone, pellegrini e non. C’è una francesina in compagnia di un ragazzo spagnolo, loro dormono in tenda sulla spiaggia, ma qui vengono per docce e lavatrici, poi Valentino, spagnolo, che non smette di suonare la chitarra, Amaranta, una coppia di fidanzati tedeschi, una giovane Olandese, l'oste e noi italiani. Naturalmente Bortolo chiede se è possibile comprare altro vino, l'oste ne è fornitissimo. Il pranzo dura molte ore: accanto a me, la francesina giovanissima non smette di chiedermi di versarle del vino. Tutto molto bello, tutto molto abbondante, stasera il nostro pellegrinaggio assomiglia a un Oktoberfest! Sul tavolo ci sono oltre una decina di bottiglie vuote, più decine di barattoli bi birra… Amaranta scatta alcune foto, poi mi confida che domani camminerà in direzione di Muxia, in senso inverso a noi.
Verso le otto andiamo sulla spiaggia del Mar de Fora, in attesa del tramonto: per circa venti minuti trasformazioni di colori dipingono la spiaggia. Alcuni ragazzi hanno acceso un falò, stanno arrostendo salsicce. Bortolo entra nell'acqua con i piedi, io sono seduto e sto girando dei video da mandare agli amici. Inspiegabile come i brividi corrano sulla pelle: riesco a restare in silenzio un po' in disparte, godendo di questa immensa visione. Abbiamo fatto benissimo ad arrivare fino a Finisterra: chi avrebbe mai detto che questa notte avrei rivissuto l'emozione provata a capo Nord oltre quaranta anni fa… Allora, però, il sole non era tramontato, sfiorava solo il mare…
Il cammino mi sta ripagando di tutti i sacrifici compiuti.

  1. LA BARBA DEL PELLEGRINO

 Oggi, 29 settembre, come diceva una famosa canzone… sto meditando sul da farsi: prima di tutto devo andare in centro, presso l'ufficio del turismo, per ritirare la "Fisterrana", un papiro che attesta l'avvenuto cammino fino al km. Zero di Finisterra,  esibendo la credenziale del pellegrino con i vari timbri. Poi ci sarà un passaggio obbligato da Muxia  a LIRES, ed infine sulla costa da morte a Finisterra. In albergue consumo el desayuno (colazione) compreso nel costo della camera. Alejandro, l'oste, mi chiede: "Donde aprendeste el Espaniol? Tu es un ombre de Garra" (Un uomo grintoso, un combattente).
"Mucho anos en vacaciones," gi rispondo.
Comunque, anche qui come a Muxia, abbiamo incontrato persone che ci fanno sentire in famiglia. Mi informo dove si trova l'officina turistica, Alejandro mi dice tutto ciò che serve. Ma poi si presenta il dilemma del "barbiere"… vado, o non vado? Ho fatto crescere la barba, perché il mio amico Mauro, prima di partire mi aveva detto: "Non ti serve il rasoio! Il vero pellegrino si tiene la barba." Effettivamente, senza bordone e barba, non mi sarei sentito un pellegrino. In molti, amici e parenti, mi hanno detto che, nelle foto con la barba, sembro un vecchio pellegrino, (mia moglie invece: "Sembri Padre Pio!") Comunque Alejandro mi indica il barbiere. "Al rincon del'officina turistica,  ver a un barbero Italiano!" Ok, ricevuto.
È presto. Bortolo questa mattina ha deciso di riposare fino alle nove. Io vado in paese, è già abbastanza movimentato, ma le attività iniziano alle dieci, quindi ne approfitto per una passeggiata sulla spiaggia: che pace, che aria, che bello godersi un po' di riposo, non che il cammino sia stato faticoso oltre misura, ma comunque essere lontano da casa già da un mese comincia a pesarmi a livello emotivo, mi mancano gli affetti, mia moglie, mio figlio, la cagnetta, insomma, riflesso nelle acque di questo mare oceanico, vedo ciò che mi manca!
Amaranta è partita verso Muxia, ma nel primo pomeriggio arriveranno Beatrice e Mara, mi hanno chiesto se a Mar de Fora ci fossero posti letto, confermo loro di aver prenotato.
Sono circa le dieci, trovo il negozio di barberia "da Antonio". Il titolare è un quarantenne bergamasco, posso parlare in italiano. "Allora, cosa facciamo?"
"Devo tagliare la barba. Domani prendo l'aereo per Bergamo e torno a casa!!
Alla parola Bergamo lui si illumina: "Io sono di Bergamo, vivo qui da dieci mesi. Dopo aver perso per Covid mamma, zio, e un fratello… ho deciso di cambiar vita!"
"Perché qui in Galizia, signor Antonio?"
"Ho un fratello minore che fa il cuoco, vive qui da dieci anni. Che senso aveva rimanere a Bergamo? Almeno qui c'è lui."
Vedo nei suoi occhi la tristezza di chi ha perso parte della famiglia, ma anche la luce e la voglia di continuare a vivere.
"Ma qui come va il lavoro? Si riesce ad andare avanti?"
"Guarda, intanto pago molto meno di tasse, e la vita costa meno che in Italia. Poi ci sono i pellegrini."
"Senti, Antonio, avevo pensato di togliere tutta la barba! Non vorrei avere problemi con i documenti in aeroporto."
 "È un peccato, non ti sta male, ma se hai scelto così…"
Antonio ha fatto un ottimo lavoro: mi sento la pelle del viso liscia, come non sentivo da un mese.
Pago ed invito Antonio per un caffè, lui accetta, donandomi un ulteriore momento di commozione: il cammino non smette di trasmettere gioia!
Ci salutiamo, e vado alla vicina officina turistica, non c'è nessuno in fila, la signorina preposta alla consegna mi saluta cordialmente e dopo un controllo rapido della credenziale Fisterrana, mi chiede se voglio anche la certificazione dei km. percorsi.
Pagando solo due euro mi vengono consegnati i due documenti ufficiali: i km. totali sono 797!
Al ritorno in albergue, Bortolo mi dice che Beatrice e Mara fra un'ora saranno qui: ha promesso loro che nel pomeriggio andremo sulla spiaggia Langostera, per raccogliere le conchiglie di capesante, da portare a casa.
Con le "friulane" trascorriamo il pomeriggio su questa infinita spiaggia, dove alcune coppie di giovani nudisti prendono il sole; andiamo oltre, ci sono migliaia di conchiglie, talmente belle che forse ne raccogliamo troppe. Tra i pellegrini è costume, arrivati a Finisterra, raccogliere uno dei simboli del cammino.
Terminiamo questa giornata di riposo con tortillas, panadas e queso casero a Mar de Fora. L'atmosfera è di festa, e naturalmente Bortolo non smette di stupirci, con molte bottiglie di vino, consumate all'ombra di una pallida luna. Anche il resto della compagnia partecipa alla lunga serata, al suono della chitarra di Valentino.

  1. RITORNO A SANTIAGO

 Siamo arrivati all'epilogo di questo lungo viaggio: questa mattina prenderemo un bus che ci porterà a Santiago, e poi domani sera ci imbarcheremo su un volo diretto a Bergamo. In un flash back mentale, rivedo i luoghi, le persone incontrate strada facendo, vorrei citare tutti i personaggi che hanno segnato, nel bene e nel male, il mio cammino verso Santiago, ma per forza di cose, devo ricordare soprattutto ciò che è accaduto sull'Alto del Perdon: lo considero un evento importante, mi ha insegnato che ognuno di noi ha dei limiti. Jorghe e quel gruppo di Spagnoli saranno sempre il primo nitido ricordo di persone pronte ad aiutare chi ha bisogno. Ho vissuto un altro momento di sconforto, quando, all'inizio delle Meseta, ho dovuto rinunciare ad alcune tappe, che tanti pellegrini amano. A causa di una distorsione, ho sofferto per ciò che non potrò raccontare.
Ma in seguito ho avuto la possibilità di camminare da solo, e ho trovato nel silenzio un momento spirituale, in cui ho conosciuto me stesso, mostrando una buona resistenza alla fatica.
Quando sono cominciate le tappe storiche del cammino, ho incontrato Bortolo, e molti altri amici ed amiche, con cui ho condiviso tanti momenti di allegria, sofferenza, entusiasmanti cene comunitarie con poche cose, ma sempre con il sorriso e la voglia di continuare. Negli ultimi dieci giorni, quasi non sentivo il peso dello zaino: ciò è stato il risultato di una vita da camminatore, condotta negli ultimi mesi. Insomma, questo viaggio mi ha reso più forte e consapevole: sono riuscito in un’impresa non facile, ma appagante! Ho vissuto giornate ingloriose sotto la pioggia battente, come durante la prima tappa, quando, partito da San Jean P.D.P, per salire e ridiscendere a Roncisvalle, ho provato il timore di non farcela.
Ma è stata la salita a O'CEBREIRO, che tutti definiscono mostruosamente faticosa, (la cima Coppi del cammino), quella in cui ho compreso la fatica, la sofferenza, la forza che c'è dentro questo viaggio! E infine ricordo il sasso lasciato alla croce di ferro. E l'emozione dell'arrivo a Santiago, la grande plaza de Obradoiro, il pianto sulle rocce di Muxia, dove mi sono liberato da tutto ciò che mi spaventava prima della partenza, mentre qui a Finisterra ho trovato soprattutto il riposo.
Abbiamo ancora un po' di tempo, lasciamo l'albergue, abbandono il bordone, magari sarà d'aiuto a un altro pellegrino…  Con noi ci sono anche le friulane, staremo insieme fino alla nostra partenza, mentre loro partiranno tre giorni dopo, con volo verso Madrid e poi Venezia. Cerchiamo la stazione dei bus, manca più di mezzora alla partenza per Santiago, e già c'è una folla di pellegrini, che come noi ritornano verso la città dell'apostolo.
Il bus appena arrivato si riempie: la stiva contiene a fatica tutti gli zaini. Prendiamo posto nelle file subito dietro l'autista, paghiamo sette euro per un viaggio che durerà due ore. Lasciata Finisterra, la vista scende lungo le spiagge quasi deserte. Con onde lievi, il mare sembra donare ulteriore pace…
La Langosta, Sarditeiro, Amarela, Corcubion. Qui facciamo una sosta di cinque minuti, in quanto molte persone vanno nel vicino mercato del pesce, poi si prosegue fino a CEE, grosso paese, l'autista dice che abbiamo dieci minuti per sigarette o caffè, io resto seduto a godermi il panorama, la Galizia mi ha fatto innamorare con i suoi siti sereni e così diversi da quelli in cui vivo.
Riprendiamo il cammino fino ad Oliveiroa,  poi Negreira, e infine Santiago. Bortolo ed io abbiamo prenotato  per la notte presso Il Seminario Menor, che conosciamo bene, camera singola e servizi privati, mentre le friulane sono in un albergue dietro la cattedrale di Santiago. Ci diamo appuntamento per mezzogiorno: un giro per negozi e poi… pranzo da Casa Manolo. Loro non conoscono il posto, famoso per il menù del pellegrino.
Beatrice e Mara sono entusiaste, ci chiedono se andiamo in cattedrale a vedere la cripta di San Giacomo: il tempo scorre senza che ce ne rendiamo conto, presi da tanta emozione, abbiamo omesso di controllare l'orologio, davanti il ristorante Casa Manolo, c'è una fila interminabile, ci sarà da aspettare fin dopo le tre… Decidiamo di fare uno spuntino veloce, boccadillo e cerveza, e domani dopo la messa del pellegrino alle dieci, cercheremo di essere tra i primi in coda per mangiare da Manolo prima della nostra partenza in tarda serata.

  1. RINASCITA

Con tristezza nel cuore, sono arrivato alla conclusione di questo mio viaggio, un cammino nella storia, nei monumenti, nelle leggende, ma soprattutto nel segno di una rinascita: la mia vita, d'ora in poi, non sarà più come prima. Ho scoperto in me la fragilità, ma anche la voglia di combattere che mi distingue.
E' il primo ottobre, alle ventidue abbiamo l'aereo che da Santiago, in circa due ore e trenta ci porterà a Bergamo. Quando eravamo a Portomarin, su consiglio di Bortolo, ho prenotato il volo Ryanair ad un prezzo ragionevole, ecco perché abbiamo avuto circa una settimana da turisti: approfittando del tempo libero, dopo Santiago abbiamo potuto raggiungere altri obbiettivi, arrivando sulle coste Atlantiche, esperienza notevole dopo la Compostela.
Questa mattina abbiamo organizzato alcuni passaggi in varie tappe cittadine; alle dieci con le amiche friulane andiamo a messa, e dopo faremo visita a padre Fabio, nella piccola parrocchia di Santa Maria del cammino, non distante dalla cattedrale. Non è un incontro tra sacerdote e pellegrini, ma piuttosto uno scambio di opinioni ed esperienze vissute sulla via per Santiago: padre Fabio è un personaggio di riferimento per noi Italiani, una volta arrivati bisogna incontrarlo, lui veste in borghese, segnala a chi ne ha bisogno le informazioni basilari, ad esempio che, qui a Santiago, prioritaria è la visita alla cripta. Ci spiega che, per i cattolici, ci sono tre luoghi sacri al mondo: Roma, dove riposano le spoglie di San Pietro, qui a Santiago dinnanzi all'Apostolo, ed infine, Gerusalemme, dove fu sepolto Cristo.
Bortolo stamane è taciturno, forse teme di ritornare in una casa vuota. "Quando arrivate a casa, ci rpete, voi avete la moglie, il marito! … Io cosa faccio?" Non è facile dargli dei consigli, lui mentalmente è fermo alla vita precedente: spesso mi ha raccontato dei viaggi fatti in camper con la moglie Angela.
"Sai, abbiamo girato tanto in Francia, a lei piaceva la Camargue. Adesso, magari, lo vendo, il camper, a me da solo non serve." Cerchiamo di rincuorarlo, ma anche le amiche capiscono che lui non vuole sentir ragioni oltre il suo modo di vedere.
Siamo in fila a Casa Manolo, questa volta siamo secondi, dietro un gruppo di quattro italiani di Ravenna: scambiamo racconti del nostro cammino, ed anche loro sono convinti di aver fatto una grande esperienza.  La procedura qui è sempre uguale, arriva un cameriere che prende gli ordini d'arrivo, alle tredici in punto entriamo, per quello che sarà il nostro ultimo pranzo a Santiago.
Menù: Fideos alla marinera, (Spaghetti allo scoglio) e Chipirones fritos con patatas fritas y lechuga (Fritto di Calamari e patatine ed insalata).  Tutti contenti, il dolce qui è d'obbligo, Torta Santiago! Una bottiglia di vino Ramon Bilbao.
All'uscita dal ristorante, le nostre amiche friulane ci abbracciano e vanno a riposare: hanno ancora da aspettare tre giorni, prima del ritorno a casa, quindi domani visiteranno la città.
Il pomeriggio di questo venerdì primo ottobre sembra lunghissimo: cerco di riposarmi, ma in quella stanza che una volta era una celletta di frati minori, mi sembra di essere tormentato da qualcosa, forse è stato il pasto abbondante, ma non ho voglia di stare a letto… Alle 18 andiamo in piazza de Galizia e prendiamo il bus che porta a Lavacolla Aeroporto.
Così infine ci apprestiamo alla partenza: è molto tempo che non salgo più su un aereo, dai tempi delle partite di calcio all'estero, seguendo la Juve! Comunque la prassi è sempre uguale, il check-in adesso lo si fa sul telefono, come anche il biglietto di viaggio e la carta d'imbarco, inoltre nei tempi del Covid 19, occorre il PLF Europeo, una sorta di documento che certifica tutto ciò che attiene il volo: i controlli qui in aeroporto sono serrati, mentre per tutto il cammino, non mi è stato mai chiesto il Green pass.
L'attesa è lunga e snervante fino alle ventuno e cinquanta, quando ci viene comunicato che partiremo alle ventidue e trenta, con lieve ritardo. Non importa, tanto una volta arrivato a Bergamo, dovrò aspettare le 4,50. Fuori dall'aeroporto Orio al Serio, c'è la fermata del Flixbus che mi porterà a Torno Porta Susa alle 7,30, giusto in tempo per il treno che cinque minuti alle otto mi porterà a Pinerolo.
Notte più che tranquilla, tutto nella normalità: il volo è stato buono, in due ore e mezza abbiamo percorso circa 1850 km.  Il viaggio in Flixbus si svolge regolarmente, con alcune fermate in Autogrill. Quando salgo sul treno regionale, mi vengono in mente le parole dette da mia moglie prima della partenza: " Cerca di tornare cambiato, sereno, soprattutto!"
Io sto tornando da vincitore, consapevole del cambiamento avvenuto: questa storia non voglio chiuderla con la parola FINE, piuttosto con la parola RINASCITA, che vuol dire un NUOVO INIZIO, un NUOVO ME.

 

 

Autore: Corrado Ruggiero
Data: 19 apr 2022