I LACCI D’AMORE DEI SIGNORI PANTIER

BENJAMIN PANTIER

Giacciono insieme in questa tomba Benjamin Pantier, procuratore,

e in cane Nig, suo fedele compagno, conforto e amico.

Lungo la strada grigia, amici, bimbi, uomini e donne,

uscendo a uno a uno dal mondo, mi lasciarono finché fui solo

con Nig amico indivisibile, coniuge e compagno nel bere.

Nel mattino della vita io conobbi aspirazioni e intravidi la gloria.

Poi colei che mi sopravvive, accalappiò la mia anima

con una rete che mi dissanguò,

finch’io, un tempo indomabile, giacqui spezzato, indifferente nel retro di un sudicio ufficio.

Sotto la mia mascella è appoggiato il naso di Nig –

la nostra storia finisce nel nulla. Va’, folle mondo!

 

LA SIGNORA PANTIER

Io so ch'egli diceva che avevo accalappiato la sua anima

con una rete che lo dissanguò.

E tutti gli uomini lo amavano,

e molte donne lo compiangevano.

Ma immaginate di essere una vera signora, e di aver gusti delicati,

e che l'odore del whiskey o delle cipolle vi nausei,

e il ritmo dell'Ode di Wordsworth vi rimormori all'orecchio,

mentre da mane a sera lui gironzola

ripetendo frammenti di quella comune sentenza:

"Oh, perché inorgoglirsi quando siamo mortali? "

E poi, immaginate:

siete una donna ben dotata,

e il solo uomo con cui la legge e la morale

vi permettono di aver rapporti coniugali

è proprio l'uomo che vi riempie di disgusto

ogni volta che ci pensate — e voi ci pensate

ogni volta che lo vedete!

È per questo che lo cacciai di casa

a vivere col cane in una sudicia stanza

nel retro del suo ufficio.

ogni volta che ci pensate — e voi ci pensate

ogni volta che lo vedete!

È per questo che lo cacciai di casa

a vivere col cane in una sudicia stanza

nel retro del suo ufficio.

 

La sera era fredda e, nello squallido ufficio, la luce della lampada sulla scrivania disegnava un ovale giallastro sul ripiano ingombro di carte. 

Benjamin Pantier si soffiò sulle mani intirizzite, radunò le pratiche, si alzò guardando la pendola di fronte a sé: le otto.  Doveva portare Nig a fare quattro passi, era rimasto tutto il giorno ai suoi piedi, doveva sporcare, povero caro. Non si era alzato per tutto il giorno, e non era andato incontro ai clienti che erano venuti allo studio. A dire il vero i clienti ormai erano pochi e Nig, da quando la cataratta gli aveva annebbiato la vista, li riconosceva dal passo e dalla voce.

 Aveva cominciato a cadere una leggera pioggerella. Fu breve il tragitto dell’uomo e del cane:  dopo essere passati davanti alla villa illuminata ed aver sostato un momento, come al solito, ripresero la strada verso la “loro casa”.

Benjamin fece riscaldare degli avanzi sul fornelletto elettrico e pose nella ciotola di Nig una scatoletta di cibo. Avevano poco appetito entrambi e, dopo aver mangiato, si riposarono sul divano che di notte, in una stanzetta accanto all’ufficio, si trasformava in letto.

Nig, come al solito, si accoccolava accanto al padrone e gli poneva il capo sulle ginocchia. L’uomo sorrideva e lo accarezzava sulla testa, dove il pelo nero aveva ceduto al grigio. Gli occhi velati sembravano guardare lontano e anche Benjamin guardava oltre la finestra e il giardino.

Là, nella casa illuminata, la vita che gli sarebbe spettata di diritto si svolgeva con la solita routine: sua moglie seduta a capotavola, i figli che raccontavano allegramente le loro giornate a scuola, la cameriera che serviva compita le portate.

Era una bella sera d’estate quando Benjamin aveva visto per la prima volta quegli occhi verdi e aveva capito che quella donna gli aveva catturato l’anima.

Egli era un giovane avvocato promettente e ambizioso, aveva un bell’ufficio e una clientela di prestigio. Anche lei, di buona famiglia, sembrava presa dello stesso amore che lui le dimostrava e questo sentimento le ingentiliva ancor di più i modi e i gesti delicati.

Accettò di sposarlo senza pensarci due volte, e la vasta casa fu illuminata non solo dai grandi lampadari ma anche dal loro amore. O almeno così pareva, perché, giorno dopo giorno, anno dopo anno, nonostante la nascita dei figli, l’amore che in principio lei aveva dimostrato si sgretolò e non vi era gesto o parola del marito che non le procurasse fastidio o imbarazzo.

La signora Pentier, che si vantava di essere una vera signora e amava la poesia e Wordsworth, trovò che Benjamin era un uomo ordinario e cominciò a provare disgusto osservandolo, quando la sera beveva il suo whisky accanto al camino. Trovò insopportabile dormirgli accanto, disgustoso il suo odore, il suo gesticolare, e lui anziché reagire e imporre la sua posizione si ritrovò inerte, finito, dissanguato dal legame d’amore che ancora lo univa a lei.

Cominciò ad attardarsi all’ufficio per non imporle la sua presenza e, da un giorno all’altro, ritrovò le sue cose nella cameretta accanto all’ufficio.

Nig, solo lui, compagno delle sue giornate e delle sue notti, gli rimase accanto, muto e fedele, nelle stagioni che videro il suo inesorabile declino.

Benjamin si riscosse e si preparò il letto, predisponendo vicino a sé il posto che Nig occupò, com’era solito fare. Il calore del cane e il suo quieto respiro gli dettero un senso di pace e lo indussero al sonno.

L’indomani, il capo della polizia, avvisato dalla cameriera che portava abitualmente le provviste, bussò e non ottenendo riposta sfondò la porta dell’ufficio.

Li trovarono così, Benjamin Pantier e il suo cane Nig, uniti per sempre dal dolce laccio della morte.

La Signora Pantier fu disgustata nel sapere che il marito dormiva abitualmente con il cane e ordinò a Jeduthan Hawley di preparare la cassa e disfarsi del cane.

Ma il brav’uomo non ebbe cuore di separarli e li adagiò come li aveva trovati; li seppellì sulla collina in una zona scoscesa e ombrosa, come voleva la vedova.

A dispetto del luogo, negli anni seguenti, e anche in quelli dopo la morte della signora Pantier, la tomba di Benjamin e di Nig, anche senza l’intervento di una mano pietosa, si ricoprì ogni primavera di fiori spontanei. Ranuncoli, viole, narcisi, pervinche, e non era raro vedere sulla croce di ferro arrugginita le allodole preparare il nido.

Autore: Marinella Undilli
Data: 07 apr 2016