FAVOLA TAROCCATA
“Nella mia infanzia” cominciò il nonno “avevo una balia, una vecchissima donna nata nel castello, dove sono sempre vissuto anch’io. La ricordo con molto affetto e ricordo in particolare che cantava l’antica canzone di un cavaliere venuto da molto lontano, su di un carro trainato da due cavalli bianchi a cercare rifugio nel castello, perché perseguitato dal suo Imperatore. Ma quando credeva di essere ormai al sicuro e di aver fatto perdere le sue tracce, la giustizia venne a cercarlo: raggiunto nella torre dalle alte strette finestre dove si era nascosto, il cavaliere venne ucciso.
La canzone parlava anche della giovane Imperatrice innamorata di lui, che dovette affrontare il giudizio dei sudditi oltre quello del marito, ma non ebbe la forza di seguire il suo cavaliere e, quando seppe dell’uccisione del suo amato, soffrì tanto che in breve tempo si ammalò e morì anche lei in una notte di luna piena.
La canzone riferiva però un particolare: l’Imperatore si fece aprire da un servo l’arca di pietra, nella cripta che accoglieva i defunti reali, e vi versò essenze profumate, prima di seppellire la giovane moglie, come una reliquia in uno scrigno prezioso. Tutto questo fu fatto segretamente, diceva la canzone, perché l’Imperatore temeva l’ira del mondo, per non aver affrontato con temperanza i due amanti.
La canzone della vecchia balia si combina anche con una leggenda che circolava fuori dal castello, tra la gente del paese e tra i miei compagni di scuola, perché io ho fatto le elementari in una classe tenuta dalle suore, dove ho imparato a leggere e a scrivere. La leggenda va oltre la canzone e racconta che il diavolo ci mise lo zampino, fece girare la ruota della fortuna al contrario e la morte venne a portarsi via anche l’Imperatore.
Il matto di corte, nella sua pazzia, raccontava che l’Imperatore, dopo la morte della moglie, era diventato un eremita e viveva in un mondo di fantasmi, dove neanche la papessa con la sua saggezza era riuscita a fargli ritrovare la strada giusta; tutto solo, piangeva senza sosta, ma le lacrime erano asciugate dal sole in un baleno.
Nella leggenda venne scomodato anche il papa, uomo di cultura e sapienza, che voleva rimettere sul trono l’Imperatore, ma non ce ne fu il tempo: il potente aveva già pagato il suo castigo per aver causato la morte degli amanti, scegliendo l’espiazione con la carta dell’impiccato.
Si racconta che, per un certo periodo, nel passato, si vide il cavaliere uscire dalla torre alla ricerca della sua Imperatrice: i vecchi ricordavano la carrozza che trasportava entrambi, e della ragazza decantavano la bellezza resa più leggiadra dal male che l’aveva uccisa.
Cosa successe nel castello nel corso dei secoli nessuno lo sa, i segreti vi rimasero sepolti. Certo è che dopo qualche tempo il cavaliere sparì e con lui la donna. Entrarono, però, nella leggenda e in quella canzone, che ricordava il loro amore.
Un tempo, infatti, dai castelli non uscivano notizie, ma vi nascevano favole. Della realtà non si sapeva quasi niente, ma gli animi erano assetati di racconti fantasiosi.”