ROMANZO DI FORMAZIONE O BILDUNGROMAN?
Sappiamo tutti che cos’è il romanzo di formazione: la storia di un personaggio che, attraverso una serie di vicende, matura e si trasforma, fino a trovare sé stesso.
Di solito si tratta di un ragazzo che, affrontando diverse difficoltà, diventa adulto.
Il primo esempio è offerto da Goethe, che alla fine del ‘700 scrive Gli anni di apprendistato di Wilelm Meinster, romanzo che mette in scena il conflitto tra un figlio che vorrebbe dedicarsi alla poesia e il padre che lo vorrebbe nella sua attività commerciale. Poi tutto si risolve perché il giovane sceglie di fare il medico, mettendo d’accordo le aspirazioni individuali e l’imperativo di rendersi utile agli altri.
Il classico Bildungroman (Bildung, in tedesco, significa “formazione”), ha quasi sempre un lieto fine, per cui il giovane diventa un perfetto borghese, integrato nella società. Le esperienze che egli vive, e per cui soffre, hanno lo scopo di farlo crescere e renderlo migliore, secondo una scala di valori riconosciuta dal suo ambiente.
Si può notare che questo genere narrativo, per la prima volta, mette in scena l’adolescenza, a volte a partire dall’infanzia, con i suoi desideri e sogni, ben diversi da quelli degli adulti.
C’erano degli antecedenti nelle fiabe popolari iniziatiche, dove il figlio o la figlia del re (di un mercante o di un mugnaio) devono allontanarsi da casa e superare difficili prove prima di fare ritorno e veder riconosciuto il proprio valore.
Anche i romanzi cortesi medioevali parlavano di giovani cavalieri costretti ad affrontare lunghi viaggi e terribili pericoli alla ricerca della perfezione.
Due modelli diversi sono Parsifal e Tristano.
Il primo è un cavaliere puro e senza macchia, che infatti merita di trovare il sacro Graal.
Tristano, meno puro, è vittima di un filtro che lo fa innamorare di Isotta, promessa a un altro. Le loro vicende si concludono tragicamente, introducendo l’idea che la vita umana, oltre che dalla ragione, sia guidata da forze imponderabili che spesso la fanno deragliare.
Questi due modelli accompagneranno a lungo l’evoluzione del Bildungroman.
Da una parte ci sono le storie a lieto fine, in cui prevale il desiderio di armonia e di integrazione.
Dall’altra le storie con finale aperto, in cui l’eroe, anche dopo essere diventato adulto, deve continuare a confrontarsi con sé stesso, con le sue contraddizioni e con l’irrazionale.
Queste opere, più moderne, alludono a una formazione destinata a durare tutta la vita.
Nel corso del ‘900, poi, alcune storie hanno rovesciato la prospettiva evoluzionistica del Bildungroman. Uscire dall’infanzia, dall’adolescenza, non è più visto come un arricchimento, ma piuttosto come una perdita, una rinuncia. Specialmente quando porta al conformismo e all’utilitarismo.
Molti romanzi di formazione, in certi momenti, sembrano storie iniziatiche, come Tom Soyer di Twain; altri si possono confondere con il romanzo pedagogico, che pone al centro la figura del maestro e assume il suo punto di vista circa l’educazione che viene impartita al giovane.
Altri ancora ricordano il genere di viaggio e di avventura, come Capitani coraggiosi di Stephenson.
Del resto, il viaggio è una metafora della formazione stessa.
Qualche critico ritiene che il vero e proprio romanzo di formazione sia finito con la Prima Guerra Mondiale.
"Quando le scienze dell'uomo presero a smantellare l'immagine unitaria dell'individuo; quando le scienze sociali si dedicarono alla classificazione e frantumarono la percezione sintetica del corso storico; quando la gioventù si tradì da sé aspirando a non finire mai; quando si diffusero ideologie in cui un singolo figurava immediatamente come parte di un tutto - allora il secolo del Bildungsroman fu davvero finito."
Ciò che è superato, in realtà, riguarda l’ipotesi che il giovane possa (deva) integrarsi nella società in modo organico ed equilibrato.
Nel ‘900 i giovani restano al centro di molta letteratura, sia italiana che straniera, ma i loro traumi e i loro conflitti, spesso, non sono destinati a ricomporsi con il raggiungimento della maturità.
La teoria dell'inconscio di Freud ha aperto la via a una nuova interpretazione del processo di crescita, associato al conflitto edipico adolescenziale.
Il complicato rapporto del protagonista con le figure genitoriali, come vedremo, è al centro del romanzo di Elsa Morante, L’isola di Arturo.
Esso si apre con una poesia, Dedica a Remo N. (Remo Natales è l’anagramma di Elsa Morante). L’ultimo verso “fuori dal limbo non c’è eliso” allude al fatto che, uscendo dall’infanzia, non si approda alla felicità.
Vediamo ora le possibili tappe di questo percorso formativo, attraverso alcune letture.
- Anzitutto vi è il confronto con i genitori e l'abbandono della casa natale.
(Il barone rampante di I. Calvino – incipit) - Un altro momento forte di molte storie di formazione riguarda l’influenza della scuola, degli amici e degli insegnanti.
(Madame Bovary di G. Flaubert – incipit)
Molte sono le opere che parlano di scuola, di maestri e di allievi. Una delle più anticonformiste è sicuramente "Ferdydurke (La cultura)" di Witold Gombrowicz, un autore polacco degli anni trenta.
"Accomodatosi sulla sedia l’insegnante aprì il registro, si spazzolò il panciotto, tirò su le maniche della camicia perché non si consumassero ai gomiti, serrò le labbra, represse un moto interiore e accavallò le gambe. Poi sospirò e provò a parlare. Il frastuono esplose con raddoppiato vigore. Gridavano tutti a eccezione forse del solo Sifone, che con fare positivo tirò fuori i quaderni e i libri. L’insegnante guardò la classe, si aggiustò un polsino, strinse le labbra, le aprì e di nuovo tacque. Gli scolari continuavano a vociare. L’insegnante si accigliò e storse il naso, si guardò i polsini, tamburellò con le dita, si affisò col pensiero a qualcosa di lontano, tirò fuori l’orologio, lo posò sulla cattedra, sospirò, represse ancora un moto interiore e lo inghiottì – o forse sbadigliò, raccolse a lungo le forze, finalmente sbatté il registro sulla cattedra e gridò: «Basta! Silenzio! Comincia la lezione». Allora tutta la classe (tranne Sifone e qualcuno dei suoi seguaci) espresse all’unisono l’irrinunciabile impellenza di andare al gabinetto." - La scoperta del sesso, le prime avventure sentimentali ed erotiche sono un altro tema forte, al centro di molte storie di formazione. (Il sentiero dei nidi di ragno, di I. Calvino, II cap. p. 42)
- Di primaria importanza può essere l’incontro con un antagonista… oppure un’esperienza straordinaria che ha un vero valore iniziatico: potremmo chiamarla epifania.
Ne Le confessioni di un italiano di Ippolito Nievo, il protagonista, allontanatosi da casa dopo un litigio con la cugina, vede per la prima volta il mare e ne rimane affascinato:
«Ma più in là ancora l'occhio mio non poteva indovinare cosa fosse quello spazio infinito d'azzurro, che mi pareva un pezzo di cielo caduto e schiacciatosi in terra».
Sopraffatto da una simile visione, Carlino non riesce più a trovare la strada di casa. Viene aiutato da un certo Spaccafumo, cavaliere misterioso, e una volta raggiunto il castello, non vuole rivelarne il nome. - Anche l’ingresso nel mondo del lavoro e l’esperienza di una professione possono costituire passaggi interessanti. Un caso particolare è quello del romanzo dell’artista, in cui il giovane prende coscienza del suo talento e incomincia a raffinarlo.
(Chaim Potok, Il mio nome è Asher Lev, p. 182).