Categoria: Materiali
Data: 23/11/2023

GIALLO O NOIR?

Da una lezione di Massimo Tallone



Il giallo ha natura indagatoria, ovvero va verso il noto per scoprire la verità, vuole sapere chi è stato.

Il noir ha natura esplorativa, va verso l’ignoto.

La differenza fra romanzi di genere e la letteratura cosiddetta ‘alta’ non è annidata nel tipo di testo (giallo o noir, per esempio), ma nel tipo di scrittura, nella scelta della lingua. L’autore di opere di genere, infatti, adotta la lingua d’uso del lettore (cfr. Simenon), mentre l’autore che ‘fa’ letteratura usa una lingua propria e personalissima, alla quale il lettore dovrà adattarsi. I risultati dipendono soltanto dalla maestria dell’autore.

L’obiettivo del noir è l’umano. O meglio, è l’indagine sulle zone nascoste, oscure, occulte del singolo individuo o della società.

La tendenza a classificare ogni esperienza estetica in categorie e in schemi, unita forse a una certa pigrizia analitica, ha da tempo accostato la letteratura gialla a quella noir. Dato questo assunto un po’ arbitrario, sono poi nati i vari tentativi di definire contorni e differenze fra i due aspetti del cosiddetto genere giallo-noir.

Purtroppo, però, questa contiguità è data soltanto da un aspetto, nemmeno così centrale, vale a dire dalla presenza del crimine. Ma i punti in comune finiscono lì. Infatti, l’area d’interesse del giallista è compresa fra il bisogno di dare vita a un enigma e la necessità di risolverlo, impiegando ogni mezzo per rendere la meccanica dell’intreccio la più intricata e avvincente possibile, fino alla inevitabile soluzione. Come un orologiaio, il giallista lavora alla precisione degli ingranaggi e olia ogni snodo del meccanismo per dare impulso all’intreccio.

L’autore di romanzi noir guarda altrove. Come un esploratore, si avventura all’interno dell’umano e si muove alla ricerca di nuove o rinnovate porzioni di oscurità. Non punta le lente sulle tracce di sangue o sulle impronte digitali, ma ingrandisce i grumi di violenza incastrati nella psiche; non appoggia l’orecchio alla porta dietro la quale si architetta il rapimento di un bambino, ma ascolta le sonorità cupe dell’odio represso, i gemiti del rancore, le sirene della vendetta; non posa l’occhio sul buco della serratura per vedere chi sta brandendo la pistola, ma osserva il fondo nero e melmoso del desiderio di sopraffazione, scruta la cova fredda delle uova avvelenate dal desiderio di uccidere.

Insomma, allo scrittore di noir interessa il male annidato nella natura umana, quel male metamorfico e carsico che la letteratura ha esplorato fin dalla prima scena.

Lo scrittore di noir sa che non potrà inventare nulla di nuovo, forse, nel pur vasto settore del male, nulla che non abbiano già scorto Shakespeare o Dostoevskij (non sembri irreverente il confronto), ma sa che il male si adatta al tempo, assume facce nuove, esibisce sorrisi e pettinature in conformità con il suo tempo. Ecco il punto: la letteratura noir vuole scovare le varianti attuali del male, vuole vederlo all’opera dentro una società riconoscibile, in un momento storico preciso, per disegnarne la maschera odierna e renderla visibile. Poi, ognuno ne potrà fare ciò che vorrà, di quella conoscenza, tranne rallegrarsene e chiudere il libro appagato. L’obiettivo del noir, infatti, non è l’intrattenimento, e non è nemmeno quello di rasserenare e consolare il lettore con la ritrovata pace, dopo lo spavento del delitto, grazie alla cattura del colpevole. In un romanzo noir il colpevole può anche essere catturato, ma ciò che abbiamo visto lascia cicatrici non rimarginabili.

L’obiettivo del noir è quello di presentare al lettore, di volta in volta, la ghigna avvelenata e rugosa del male, per quanto abbigliata alla moda del tempo, per quanto nascosta sotto rasature perfette o dietro rossetti di marca. E quella ghigna apparirà tanto più tridimensionale e addirittura contigua o propria, quanto più sono alti i mezzi stilistici dell’autore, come sempre avviene in letteratura.